.
0

Le novità in materia di Whistleblowing introdotte dal D.lgs. n. 24/2023

in News

Abstract
Il legislatore italiano, adeguandosi alla Direttiva UE 2019/1937 ha recentemente emanato il Decreto Legislativo n. 24/2023, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali. Tale norma amplifica gli obblighi in materia di whistleblowing in capo alle imprese, anche medio-piccole, che dovranno adeguarsi alla nuova normativa entro il 17 dicembre 2023 e sancisce nuove tutele per i dipendenti pubblici e privati che intendono segnalare tali violazioni, in particolare tutelando la riservatezza del segnalatore e sanzionando le ritorsioni dei datori di lavoro.

Le novità in materia di Whistleblowing introdotte dal D.lgs. n. 24/2023

Nel gergo tecnico il termine whistleblowing indica lo strumento di compliance aziendale che permette ai dipendenti e collaboratori di segnalare le violazioni dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del decreto legislativo n. 231/2001, oppure, con riguardo al pubblico impiego, la segnalazione di illeciti di interesse generale di cui il dipendente ha avuto conoscenza sul luogo di lavoro. Con l’introduzione del decreto legislativo n. 24/2023 questo strumento diventerà obbligatorio per la maggior parte delle imprese private e il termine whistleblowing assumerà un significato più ampio per i motivi che seguono.

In primo luogo, è ampliato l’ambito di applicazione oggettivo: sono suscettibili di segnalazione una vasta gamma di illeciti amministrativi, contabili, civili o penali che ledono l’interesse pubblico o l’ente privato, ad eccezione di alcune violazioni già disciplinate dalla normativa nazionale o dell’Unione, delle violazioni in materia di sicurezza nazionale, di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale e – come il Legislatore italiano ha voluto specificare – alle contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile che attengono esclusivamente ai propri rapporti di lavoro o di impego pubblico, ovvero inerenti ai propri rapporti di lavoro o di impiego pubblico con le figure gerarchicamente sovraordinate.
Restano salvi gli obblighi di segretezza afferenti alle informazioni classificate, alle professioni forense e medica nonché alle deliberazioni degli organi giurisdizionali.

In secondo luogo, il decreto legislativo impone di istituire un canale di segnalazione interno alle pubbliche amministrazioni e alle imprese del settore privato che:
abbiano impiegato nell’ultimo anno la media di almeno cinquanta lavoratori con contratti a tempo indeterminato o determinato;
indipendentemente dal numero di addetti operano nei settori dei servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, tutela dell’ambiente e sicurezza dei trasporti;
indipendentemente dal numero di addetti, rientrano nell’ambito di applicazione del D.lgs. n. 231/2001 e ne adottano modelli di organizzazione, gestione e controllo previsti.
Tale canale di segnalazione interno, ai sensi dell’articolo 4 del decreto, deve garantire la riservatezza dell’identità del segnalatore, delle persone coinvolte o comunque menzionate nella segnalazione e del contenuto della segnalazione che può essere fatta sia per iscritto che oralmente. La gestione del canale può essere affidata al personale interno autonomo e specificamente formato ad hoc, oppure può essere affidata ad un soggetto esterno, autonomo e specificamente formato.
Il canale di segnalazione interna, tanto se gestito da un soggetto interno quanto da un esterno, è tenuto a svolgere le seguenti attività disposte dall’art. 5 del Decreto:
a) rilasciano alla persona segnalante avviso di ricevimento della segnalazione entro sette giorni dalla data di ricezione;
b) mantengono le interlocuzioni con la persona segnalante e possono richiedere a quest’ultima, se necessario, integrazioni;
c) danno diligente seguito alle segnalazioni ricevute;
d) forniscono riscontro alla segnalazione entro tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, entro tre mesi alla scadenza del termine di sette giorni dalla presentazione della segnalazione;
e) mettono a disposizione informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne, nonché sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni esterne. Le suddette informazioni sono esposte e rese facilmente visibili nei luoghi di lavoro, nonché accessibili alle persone che pur non frequentando i luoghi di lavoro intrattengono un rapporto giuridico in una delle forme di cui all’articolo 3, commi 3 o 4. Se dotati di un proprio sito internet, i soggetti del settore pubblico e del settore privato pubblicano le informazioni di cui alla presente lettera anche in una sezione dedicata del suddetto sito.
Le imprese del settore privato soggette alla normativa qui esaminata e che abbiano impiegato nell’ultimo anno fino a 249 lavoratori dovranno adeguarvisi entro il 17 dicembre 2023 mentre le imprese maggiori ed il pubblico impiego hanno tempo sino al 15 luglio 2023.


Nei settori in cui non è obbligatoria l’istituzione di un canale di segnalazione interna, ovvero nelle imprese in cui tale canale, sebbene obbligatorio, non sia adottato ovvero non sia conforme a quanto previsto dal Decreto, i lavoratori possono rivolgere le proprie segnalazioni ad un canale esterno, attivato dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC). Parimenti, i lavoratori possono rivolgersi a quest’ultimo canale qualora non avesse avuto seguito la segnalazione già rivolta al canale interno ovvero laddove avesse fondati motivi di ritenere che la segnalazione interna non avrebbe efficace seguito o vi sia un rischio di ritorsione ovvero la persona segnalante abbia fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

I lavoratori a cui è rivolta la nuova normativa non sono solamente i dipendenti, ma, ai sensi dell’art. 3, i soggetti segnalatori possono essere anche lavoratori con contratti “atipici”, quali volontari e tirocinanti anche non retribuiti o lavoratori autonomi e collaboratori, ovvero liberi professionisti, consulenti, azionisti e persone con funzione di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, anche qualora tali funzioni siano esercitate in via di mero fatto. Tali soggetti possono rivolgersi ad enti del terzo settore specificamente creati al fine di fornire informazioni sulle modalità di segnalazione, come disposto dall’art. 18.

La normativa prevede importanti tutele alla riservatezza dell’identità del segnalatore, vietando a chi riceve la segnalazione la rivelazione dell’identità del segnalatore e di ogni altra informazione da cui questa possa evincersi.
È prevista, altresì, una protezione speciale della persona che segnali pubblicamente (a mezzo stampa ovvero a mezzo social network) qualora il lavoratore abbia già segnalato ai canali di cui sopra, senza ottenere seguito, o qualora abbia fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse o ritenga che, in caso di segnalazione esterna, vi sia un rischio di ritorsione o possa non avere efficace seguito in ragione di specifiche circostanze del caso concreto.
Il decreto dispone altresì misure di protezione del lavoratore dalle ritorsioni che possono verificarsi in seguito alle ritorsioni, quali il diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro, il risarcimento del danno, l’ordine di cessazione della condotta posta in essere in violazione del divieto di ritorsione e la dichiarazione di nullità degli atti ritorsivi.
Infine, fermi restando gli altri profili di responsabilità, sono previste le seguenti sanzioni pecuniarie applicabili dall’ANAC:
il responsabile degli atti ritorsivi o ai soggetti che abbiano ostacolato il seguito delle segnalazioni può pagare dai 10.000 € ai 50.000 €;
la stessa sanzione edittale può essere comminata in caso di accertamento dell’omessa adozione dei canali di segnalazione o della loro inidoneità;
la sanzione da 500 € a 2.500 € in caso di condanna a sanzione civile o penale.